Editoriale novembre
Quando sono entrata nella stanza adibita a trucco e parrucco con il portabiti Crida tra le braccia ho visto le donne, sedute davanti agli specchi, girarsi e guardarmi con interesse. Erano tutte diverse tra loro, ma con un tratto comune, il sorriso stampato sul viso e gli occhi incuriositi di fronte a un’esperienza nuova. Siamo all’hotel Fairmont di Montecarlo, cuore del lusso e della mondanità del principato, dove io e Daniela, che non stiamo mai ferme, siamo venute a fare un pop up con i nostri abiti per incontrare le clienti e amiche monegasche. Ma qui la platea era un’altra. A ben guardare queste donne, più o meno della nostra età ma anche più giovani, avevano qualcosa di unico e speciale: alcune i capelli cortissimi che stavano ricrescendo, altre (me ne sarei accorta dopo, vestendole) un solo seno e cicatrici o medicazioni di interventi recenti. Erano pazienti oncologiche seguite da una organizzazione (contact@ecoutecancerreconfort.org) che le aiuta nel recupero post operatorio, il momento più difficile nella vita di una donna che, dopo un intervento di questo tipo, si sente privata della sua femminilità e bellezza. L’idea stupenda avuta da Vera Facchetti, l’organizzatrice dell’evento, è stata di regalare a queste guerriere un momento indimenticabile di visibilità attraverso una sfilata alla quale Crida ha aderito con entusiasmo. Niente di originalissimo e rivoluzionario, intendiamoci, iniziative di questo tipo sono state fatte da tempo e molte sono ormai anche consolidate negli anni con grande successo, ma se un’idea è bella e fa del bene agli altri perché non replicarla? Copiare in questo caso è legittimo e ben accetto.
Faccio questa riflessione perché mi ha colpito la polemica sollevata da Raptus and Rose, un brand che ammiro proprio perché’ da anni dà vita a una grande sfilata con pazienti che hanno conosciuto e sconfitto il cancro, nei confronti di un’altra maison come Antonio Marras per avere creato, con la poesia che lo contraddistingue, una ventina di abiti per altrettante pazienti oncologiche che sfilando hanno dimostrato la loro forza ed esaltato la loro bellezza mandando un messaggio fortissimo di solidarietà e di speranza. Il tema era: hanno rubato la nostra idea, facendo una cosa simile a quella che noi da tempo facciamo con successo. La moda è creatività e novità certo, ma quante volte serenamente copia qualcosa dagli archivi passati o da altre realtà? In questo caso copiare e replicare un ‘iniziativa che dona fiducia alle donne in un momento di fragilità e le pone al centro di un universo di solito rappresentato da testimonial molto più famose ma scontate, mi sembra non solo un problema ma un’opportunità bellissima.
La nostra piccola sfilata monegasca non è stata oggetto di nessuna polemica anche perché non aveva ambizioni di visibilità né la forza comunicativa delle altre che ho citato. Poco importa. L’intento era solo quello di rendere felici e protagoniste per un giorno con la loro bellezza, donne che avevano bisogno di essere ammirate e applaudite e così è stato.
Ogni volta che una donna esce dal camerino con un abito Crida per guardarsi allo specchio e vedere come sta per noi è una emozione fortissima, ma seguire i preparativi di quella sfilata, scegliere con queste donne fragili eppure determinate l’abito più adatto alla loro fisicità, decidere gli accessori e infine guardarle entrare nella sala bellissime con abiti lunghi di seta colorata, gli occhi che brillavano e il sorriso sul viso, è stato un arcobaleno di emozioni che non dimenticheremo. Mai come quel giorno siamo state orgogliose di avere creato dei capi eleganti ma facili, che stanno bene a tutte e che donano gioia, allegria e stile a chi li indossa.