Editoriale febbraio
Lo sguardo di Tatjana Patitz nel video di Freedom (che noi boomer non possiamo non conoscere, grande successo del 1990 di George Michael) arriva a metà canzone ma ti inchioda: limpido eppure misterioso con gli occhi chiari e labbra carnose. Una dea dalla bellezza indecifrabile. Non era facile spiccare tra Linda Evangelista col caschetto biondo, Cindy Crawford nuda nella vasca da bagno, Naomi che danza sensualissima e Christy Turlington coperta solo da un lenzuolo. Ma lei c’è riuscita. Col suo fascino enigmatico e libero.
A 56 anni Tatjana è anche la prima ad andarsene delle Big Five, le cinque splendide creature che hanno creato il mito delle top model. La notizia della sua morte prematura mi ha colpito e addolorato. E mi ha fatto riflettere su quegli Anni ’90 e su come sono cambiati da allora i concetti di bellezza e libertà. La foto scattata da Herb Ritts mentre le cinque supermodelle si abbracciano completamente nude è stata (e forse continua ad essere) il simbolo della bellezza allo stato puro, ma rappresenta anche il manifesto di un’epoca. Era la fine degli Anni Ottanta e l’inizio dei ‘90, e da quel momento la vita di queste modelle ventenni cambiava per sempre proiettandole nell’Olimpo della moda e trasformandole nelle donne più desiderabili del pianeta.
Chi era effettivamente la più bella? Me lo sono chiesto spesso in quegli anni guardando e riguardando la foto cult di Vogue America in cui indossano solo una camicia bianca. Forse Cindy Crawford con il suo neo ben visibile che giustamente non ha mai voluto togliere o Naomi, dalla pelle di luna, ma dal fascino ancora grezzo?
La semplicità di Christy Turlington, quasi la ragazza della porta accanto o lo sguardo felino di Linda, che ti colpisce al cuore con i suoi occhi verde smeraldo? Per me la più bella era Tatjana, la tedesca, simbolo dello chic europeo. Un mix, tra Romy Schneider e Monica Vitti come la definì Anna Wintour, molto meno vistosa delle sue compagne, più misteriosa, adulta, irraggiungibile. Tanto che fu lei, assai prima delle altre, a lasciare passerelle e copertine, per dedicarsi a ciò che le stava più a cuore: la passione per la natura, il figlio, i suoi cani. È stata una donna bellissima ma soprattutto libera, icona indiscussa di un periodo, gli Anni ‘90, in cui forse eravamo tutti più liberi.
Anche allora, come oggi, guardavamo le sfilate, andavamo al cinema, ascoltavamo musica e video ma tutti questi contenuti venivano metabolizzati senza dovere essere filtrati attraverso i social, senza gli attacchi sconsiderati degli haters, senza il politically correct della rete che rende ogni opinione oggetto di critiche feroci. Ognuno aveva le sue idee, i suoi gusti, le sue preferenze ma le esprimeva senza il terrore di doversi preoccupare di offendere qualcuno. Ogni espressione di creatività e di immagine era più libera. Il mondo analogico di allora aveva orizzonti più limitati ma era certamente più sano e facile di quello digitale di oggi che ti permette di raggiungere platee immense ma ti rende fragile e insicuro, bersaglio dei censori da tastiera. Sì perché oggi siamo ossessionati dall’immagine e dalla bellezza e anche se si fa un gran parlare del rispetto per ogni individualità, genere e idea, anche se in passerella sfilano modelle curvy e ragazze che non corrispondono ai canoni estetici tradizionali, in realtà ognuno ha una sua idea di bellezza e attraverso i social si permette di sindacare su quanto una persona sia in forma o fuori forma o troppo dimagrita e decisamente ingrassata. Da sua maestà Chiara Ferragni a Martina Colombari o da ultima Francesca Michielin: sono tutte donne belle, forti e di successo che hanno dovuto rispondere a chi le attaccava per le foto in lingerie, per i muscoli scolpiti o per i brufoli sul viso. Tatiana, Cindy, Christy, Naomi e Linda negli Anni ‘90 non hanno avuto questo problema, erano tutte amiche, erano bellissime e libere e sono diventate famose senza fare dirette Instagram, non hanno mai usato un filtro e hanno vissuto la loro fama planetaria in maniera meno controversa.
Per noi oggi quella libertà (dai giudizi, dalle critiche o dalle adulazioni), Freedom, come cantavano in playback le Big Five nel 1990, ha un prezzo decisamente molto più alto.