Editoriale Crida 25 novembre
“Se domani tocca a me voglio essere l’ultima”
La poesia di Cristina Torres Caceres, che vi invito a leggere se non lo avete ancora fatto, è un pugno nello stomaco.
È la lettera scritta alla madre da una delle tante ragazze che vivono sulla loro pelle la paura dei femminicidi.
Parlando con le mie figlie di 22 e 27 anni ho capito che c’è una distanza siderale tra il loro modo di pensare e vivere questa situazione e il nostro. Mi ha colpito molto la condizione di estrema vulnerabilità’ che anche loro avvertono: tornando a casa la sera, viaggiando da sole o lavorando in una società che solo apparentemente accetta l’empowerment femminile, ma che continua a considerare le donne oggetti da ammirare, anche con commenti non richiesti, che pongono le ragazze in condizione di inferiorità e di disagio.
Se entro in un bar a prendere un caffè e il barista mi dice “ma come sei bella, quando torni da queste parti?”, non va bene mi dice mia figlia. E io che di situazioni simili da giovane ne ho vissute tante, mi rendo conto di non aver ma dato peso a frasi come questa, anzi di esserne stata quasi lusingata.
Sbagliando.
Perché difficilmente in una situazione opposta, barista donna e giovane carino che entra nel locale, ci sarebbe un simile approccio.
Segno che la cultura maschile continua ad essere incentrata sul potere del maschio dominante che giudica la donna dall’aspetto.
Quante volte noi donne siamo valutate per la nostra fisicità? Sei grassa, sei magra sei vecchia sei sexy. Quante volte i media presentano donne autorevoli e affermate nel proprio campo dicendo: ecco a voi la bellissima e bravissima tal dei tale. Se si tratta di un uomo il giudizio estetico ovviamente viene omesso. Lui è autorevole e basta.
Io credo che sia arrivato il momento di fare una riflessione profonda su come stanno crescendo i nostri ragazzi, influenzati non solo da questi comportamenti infelici, ma anche dalla violenza verbale dei social e da un tipo di musica, rap e trap, che è un inno continuo alla forza e al potere maschile nei confronti delle ragazze che o sono troie o sono di proprietà di un singolo. Un ragazzo oggi può avere tante donne ed è un figo, una ragazza che ha avuto tante relazioni è una poco di buono.
Per affrontare l’emergenza femminicidi (e siamo arrivati a 105 vittime dall’inizio dell’anno in Italia) devono cambiare gli uomini, quegli stessi che oggi dicono “io non sono come loro “per alleggerire la propria responsabilità individuale.
Non basta.
Forse lo diceva anche Filippo Turetta, l’ultimo assassino, prima di aggredire Giulia Cecchettin, ucciderla a coltellate e abbandonarla in un dirupo. Eppure sembrava un bravo ragazzo, tanto che il suo avvocato, uomo, si è affrettato a raccontarci che lui l’amava tantissimo e che le faceva perfino i biscotti.
Io credo che oggi ci sia ancora troppa distanza tra i due sessi nella percezione del problema.
Le donne sono sempre più forti e gli uomini, nonostante gli atteggiamenti machisti, sempre più fragili. Non ci sarebbe niente di male in questa evoluzione della società (tutto ciò che abbiamo ottenuto ce lo siamo ampiamente meritato) se non fosse che alcuni uomini non sono in grado di gestire il cambiamento di ruoli, si sentono sottovalutati, sminuiti e finiscono per trasformare la loro debolezza in aggressività e violenza. Giulia si sarebbe laureata prima di Nicola, era più brava, e sarebbe andata via a lavorare, Giulia non sarebbe più stata la sua ex fidanzata sempre a disposizione per una pizza o un giro in città. Giulia avrebbe incontrato qualcun altro, come è giusto che sia per una giovane donna che ha deciso che lui non rappresentava più il suo futuro.
Quindi lui, invece di perderla, lui l’ha uccisa.
Ma questo ragazzo che viene da una famiglia borghese, che frequenta ingegneria biomedica, e probabilmente immagino avesse letto storie e testimonianze sui femminicidi, come poteva essere convinto che tutto ciò non lo riguardasse? Come poteva non sentirsi parte del problema?
E soprattutto: se il problema sono gli uomini, perché di femminicidi parlano solo le donne?
Io vorrei per questo 25 novembre una manifestazione contro la violenza femminile fatta solo di uomini, perché sono stanca di sentire in queste occasioni solo consigli su quello che dobbiamo o non dobbiamo fare noi: come proteggere le potenziali vittime, in che modo aiutarle a denunciare, guai ad andare all’ultimo appuntamento.
Smettiamola di chiederci perché Giulia ha accettato di incontrare Filippo o perché è salita su quell’auto. La domanda che dobbiamo farci è: perché non riusciamo a crescere i giovani con un’educazione sentimentale basata sul rispetto e sulla parità? Perché gli uomini ancora uccidono le donne?