Editoriale Aprile
E adesso ricominciamo: a sognare, a fare progetti e soprattutto a pensare positivo perché siamo di fronte ad una fase epocale della nostra vita. Dopo un anno di immobilità e di sofferenza abbiamo l’opportunità unica di cambiare in meglio le nostre vite, ma solo se tutti, nessuno escluso, si impegnerà per farlo: ci troviamo di fronte ad una straordinaria occasione di ricostruire un futuro diverso per noi e per i nostri figli senza commettere più gli errori del passato. In che modo? Ecco qualche esempio. Ci eravamo dimenticati di essere così vulnerabili e invece le pandemie accadono, ma la lotta al Covid ha creato una rete di sapere che ha portato la scienza a fare progressi in ogni campo: un vaccino ottenuto in pochi mesi, la collaborazione dei medici di tutto il mondo, la condivisione delle scoperte e la certezza di essere ormai globalmente collegati. La ricerca ci guarirà: vogliamo investire più fondi ed aiuti per non farci mai più trovare impreparati?
Sempre collegati ma isolati, chiusi in se stessi quasi invisibili e spesso depressi: gli adolescenti hanno perso un pezzo della loro giovinezza, riversando sui genitori le loro fragilità. Ma dalle difficoltà nella didattica a distanza è partita una rivoluzione nell’istruzione che, supportata a dovere dalla tecnologia, permetterà di avere rapporti più personali quando si incontrano i professori in presenza, con l’obiettivo di raggiungere una formazione su misura per ciascuno, ma soprattutto con la speranza, questa è la sfida, di riuscire a trattenere in Italia i nostri laureati offrendo loro lavori ben pagati invece di costringerli andare all’estero a cercare fortuna.
Altra sfida non indifferente riguarda le donne: le più penalizzate durante la pandemia ma anche le più toste, quelle che in tutto il mondo – lo dicono i dati – sono riuscite ad avviare una nuova carriera grazie alle possibilità offerte dal mondo digitale: il numero delle aziende nate sul web è aumentato enormemente e le aziende gestite da donne hanno maggiori possibilità di successo soprattutto nelle vendite on line. Non sarebbe ora di aiutare le donne a non dover più scegliere tra figli carriera e a non essere umiliate da stipendi più bassi, pur ricoprendo lo stesso incarico di un uomo?
La pandemia ci sta insegnando a vivere diversamente e ci ha chiarito definitivamente che il nostro benessere non può prescindere da quello del nostro pianeta. Su questo tema tutti, nessuno escluso, devono adeguarsi così come i migliori professionisti in tanti campi dell’economia stanno facendo, dandoci l’esempio, nonostante le difficoltà che hanno dovuto sopportare: pensiamo ai ristoratori e alla sfida del futuro in cucina, che è quella di dimostrare che si può mangiare bene rispettando l’ambiente e le persone. Oppure pensiamo al mondo dell’architettura e della casa e design: l’obiettivo da adesso in poi sarà creare spazi e oggetti che durino nel tempo e riparare le cose per farle tornare come nuove. Creare prodotti che abbiano una lunga vita e siano riciclabili è la strada verso la sostenibilità.
Anche la moda potrà rinascere e ripartire solo se saprà capire e coniugare i bisogni reali delle persone e dell’ambiente. Oggi le grandi griffe scendono in campo per aiutare la campagna vaccinale offrendo la disponibilità dei loro spazi a medici e infermieri. A partire da Giorgio Armani che per primo aveva dichiarato esattamente un anno fa, fermiamo le sfilate, rallentiamo le collezioni, stiamo producendo troppo e troppo in fretta. Oggi ribadisce con grande saggezza che la moda deve ritrovare il cuore, quindi deve fare meno cose e farle meglio, per rispettare sia l’ambiente che il consumatore diventato responsabile ed esigente. Non dimenticate mai di leggere le etichette all’interno dei vestiti che comprate, solo così scoprirete quali materiali vengono usati e in che modo vengono prodotti i capi.
E potrete scegliere consapevolmente. Per noi di Crida, fin dall’inizio della nostra avventura, nata poco prima della pandemia, questo è stato sempre un impegno imprescindibile: usare tessuti naturali, produrre in Italia, rispettare l’ambiente e le persone. Nessuna attività economica oggi può venir meno a questo impegno. Così come nessuna azienda può ignorare la responsabilità sociale di impresa e deve investire una piccola parte dei profitti in attività benefiche.
La bellezza ci salverà non è una frase una fatta, è invece una verità profondamente legata al luogo speciale in cui abbiamo la fortuna di vivere, l’Italia. Il nostro Paese fonda la sua identità sull’arte, sulla cultura e sulla straordinaria bellezza del suo paesaggio. Questo è il nostro oro, il nostro petrolio, il patrimonio unico che possediamo e su cui dobbiamo puntare per rinascere. Dobbiamo proteggerlo, preservarlo e valorizzarlo per restituire al nostro Paese, quando finalmente torneranno i turisti, il ruolo di culla dell’arte, della storia, dell’archeologia, ma anche del cinema, del teatro.
Difendiamo i nostri diritti e facciamolo con gli strumenti che oggi viaggiano veloci, i social network. Ci hanno salvato dalla noia dei tanti mesi chiusi in casa, permettendoci di restare collegati e di dialogare con il mondo ma sappiamo bene che possono fare molto di più e diventare degli importantissimi strumenti per lanciare battaglie contro le disuguaglianze e a favore dei più deboli, ma anche per dare opportunità ai giovani di mostrare i propri talenti e per creare un ‘informazione libera e corretta.
Cosa serve dunque per vincere la sfida del cambiamento? L’impegno prima di tutto, nessuno può chiamarsi fuori, l’unione sarà sicuramente la spinta per un nuovo futuro, ma servono anche due altri ingredienti che prescindono dal campo di competenza professionale e riguardano la natura di ognuno di noi: l’operosità e la solidarietà. Sono le caratteristiche che ho riscontrato e ammirato nella gente della mia città, Bergamo, il luogo che al mondo è stato più colpito dal Covid (sì… più di Wuhan in Cina da dove tutto è partito) e che hanno prodotto la svolta fondamentale. Mai arrendersi e demoralizzarsi anche di fronte alle peggiori calamità, rimboccarsi le maniche e andare avanti. E aiutarsi l’un l’altro. Solo così Bergamo, dopo aver pianto i suoi 6000 morti, oggi ha già messo le basi per la rinascita, guardando al futuro, tanto da essere proclamata nel 2023 capitale della cultura insieme a Brescia. Sono certa che l’Italia possa fare altrettanto.
Ne ha tutte le potenzialità e soprattutto, ne sono certa, ha un grande cuore.