Editoriale Aprile 2022 | Crida Milano

Chi è la donna Crida? A due anni di distanza dal debutto del nostro progetto sul mercato credo sia interessante interrogarci sul target del nostro prodotto, facendo un bilancio della strada percorsa finora e cercando ancora meglio di chiarire l’obiettivo che ci eravamo prefissate.

L’idea di Crida fin dall’inizio è stata quella di concentrarci su una tipologia di prodotto, l’abito, che rappresenti uno stile di eleganza raffinato e senza tempo. Non classico, non “da cerimonia” in senso stretto, ma disinvolto e fruibile da un pubblico di donne attente a quello che comprano, che amino i tessuti belli e la fattura impeccabile. Donne che non devono essere di moda perché indossano il modello di tendenza con le piume, ma capaci di creare il proprio stile con gusto e consapevolezza.

All’inizio della nostra avventura le critiche che ci veniamo rivolte riguardavano principalmente il prezzo: troppo alto, accessibile a poche, esagerato per un brand sconosciuto. Oggi, dopo quattro collezioni nelle quali abbiamo comunicato i nostri valori, questi commenti sono pressoché scomparsi e questo ci rende orgogliose di avere raggiunto un primo traguardo: far capire che qualità e Made in Italy rendono un abito speciale e ne giustificano il costo. Ed essere riuscite ad arrivare nei negozi del lusso più importanti d’Italia.

La donna Crida, come ho più volte sottolineato, non si fa notare perché appariscente, sexy o modaiola, ma si fa ricordare per l’eleganza. Le clienti che ci scelgono sono quelle donne (o meglio ragazze perché tali siamo dai 20 ai 90 anni) che hanno la capacità di acquistare un capo come esperienza emozionale e consapevole, e trasformarlo a seconda del proprio stile. Indossare sulla pelle un tessuto di seta naturale, sia esso crêpe de chine o satin, regala un piacere prezioso, che niente ha a che vedere con qualsiasi altro materiale che contiene fibre acriliche e di poliestere, e soprattutto ci spinge ad amare questo capo e a conservarlo con cura nell’armadio. Ci piace immaginare che i nostri abiti abbiano una vita lunga, non vengano abbandonati dopo una stagione.

Oggi il mercato della moda offre di tutto: dai negozi più lussuosi alle catene low cost, dall’online dei singoli brand ai marketplace digitali è davvero possibile esplorare un universo fatto di griffe globali, di piccole realtà artigianali, di marchi di nicchia o altri di super tendenza. La cliente Crida però ha le idee molto chiare: non vuole quello che le altre comprano in massa ma quello che sa valorizzarla al meglio. È giustamente esigente riguardo ai materiali, vuole toccare il tessuto e controllare l’etichetta con la composizione e il luogo di produzione. Vuole bellezza e sostenibilità, che sono le due linee guida di Crida. L’altro dettaglio fondamentale è che la donna Crida, dopo aver comprato una volta un nostro abito, quasi sempre compra ancora perché si è trovata bene.

Noi promettiamo a chi ci apprezza che continueremo su questa strada: la collezione primavera-estate è disponibile nei negozi e sul nostro sito con tutte le possibili varianti degli abiti, in un arcobaleno di colori! Voi prometteteci che continuerete a pensare che lo stile non ha nulla a che vedere con cosa si indossa ma con come ci si sente quando lo si indossa. E con Crida ci si sente bene.

Editoriale Marzo 2022 | Crida Milano

Le sfilate di questa fashion week avrebbero dovuto essere una grande festa e consolidare la ripresa del settore dopo due anni difficili e invece si sono concluse nel silenzio irreale dello show di Armani. “La mia musica è il battito del cuore” dice re Giorgio emozionato, addolorato e scosso come tutti noi di fronte a ciò che ci fa paura e che non conosciamo: una guerra in Europa. Eppure sembrava davvero essere iniziata bene questa settimana, con tanti buyers stranieri, i negozi pieni e persino il sole a benedire la ritrovata normalità a Milano. L’annuncio dell’invasione lanciata da Putin all’Ucraina (lasciatemelo dire, senza alcuna giustificazione) fa precipitare di nuovo tutti nello sgomento e nella paura. E tra i tanti commenti indignati di fronte all’aggressione di un popolo libero, che condivido pienamente e ai quali mi unisco, hanno iniziato a circolare anche riflessioni, assai meno giustificate, sul distopico contrasto tra le bombe lanciate da Mosca e la settimana della moda milanese, considerata la quintessenza della frivolezza estrema, il regno del lusso e della futilità.

La settimana della moda, se ancora qualcuno non l’avesse capito, rappresenta in realtà il lavoro di centinaia di migliaia di addetti al lavoro in un settore che vale 90 miliardi di euro di fatturato ed è a tutti gli effetti la seconda voce del PIL nell’economia italiana. “Fermate le sfilate”, gridato con indignazione sui social è un’affermazione senza senso visto che i soldi della moda che entrano nelle casse dello Stato contribuiscono, ad esempio, a farci avere una sanità gratis. Il problema vero è che una parte di società ancora associa il mondo della moda a qualcosa di inutile e fastidiosamente vistoso, invece che ad un comparto nel quale l’Italia eccelle nel mondo e che quindi è strategico e fondamentale per il nostro Paese. E mi viene il dubbio che la responsabilità di questa visione distorta e riduttiva di quella che è in realtà un’eccellenza assoluta sia anche dovuta al racconto che i media tradizionali fanno della moda stessa, occupandosi delle creazioni dei designer solo quando sono folli ed esagerate o in occasioni di scandali finanziari o relazioni sentimentali dei protagonisti. La moda ha sempre raccontato la società, anticipato tendenze, fotografato il mondo che stiamo vivendo con una forza, una creatività e una potenza che non può essere liquidata come frivolezza. E la scelta di Armani, il più grande di tutti, di far sfilare le modelle nel silenzio assoluto della sala, è un segno fortissimo della sensibilità di questo immenso designer nei confronti della situazione drammatica che stiamo vivendo. È molto facile scrivere insulti sui social a Chiara Ferragni che posta “the best of these days” mostrando immagini super glamour in contemporanea con le strazianti immagini di Kiev, ma associare a quello di una influencer globale il lavoro importante e assai meno visibile di centinaia di aziende che in questi giorni culminava nelle sfilate, è banale oltre che sbagliato. Ora la moda si sposta a Parigi, come è giusto che sia, mentre Putin annuncia l’allerta nucleare. 

Invece di inveire contro i professionisti della moda e scrivere veti insensati proviamo ad usare i social per un obiettivo molto più alto: fermare chi come Putin non ha rispetto per la democrazia e la libertà. Organizziamo marce per la pace, indirizziamo il nostro sdegno verso un dittatore che non rispetta i diritti sacrosanti dell’autonomia nazionale e della democrazia. E ringraziamo un gigante come Armani che di fronte a questi giorni confusi di guerra e fashion week, tra l’ottimismo della ripresa e il baratro di un conflitto che ci tocca da vicino, in mezzo ad una primavera arrivata in anticipo e la minaccia di un inverno che sembra medioevale, ha saputo senza aggiungere inutili parole dare un segno forte di sgomento, di incredulità e di dolore. Il silenzio.

Grazie Giorgio.

Editoriale Febbraio 2022 | Crida Milano

Siete pronti alle novità? Dal Festival di Sanremo a san Valentino al popup di Crida in Rinascente che inizia il 15 febbraio, senza dimenticare la Fashion Week nell’ultima settimana, questo mese si preannuncia decisamente più interessante e vivace di quello che l’ha preceduto (che per me da sempre è il mese più triste e faticoso dell’anno). Quindi via la noia e l’apatia del dopo Natale e dopo capodanno, avanti con buoni propositi perché ci sono molte cose da fare, da vedere e da comprare per inoltrarci in una primavera che tutti speriamo possa essere la definitiva uscita dal tunnel. E non dico altro, per scaramanzia.

Che cosa andrà di moda la prossima estate? Sicuramente gli abiti danzanti e leggeri e nella nuova collezione di Crida, che nel mese di febbraio arriverà in tutti i negozi, ce ne sono moltissimi, non soltanto nella seta che rende ogni nostro capo raffinato e seducente, ma anche in altri materiali, sempre naturali.

Abbiamo scelto i cotoni con piccole fantasie floreali per dare al nostro modello Ibiza un’allure ancora più gitana, abbiamo creato abiti romantici in plumetis nei colori polvere dell’azzurro del giallo e del verde, trasformato i nostri amati pois in micropois, grafici e moderni, e giocato con il canvas tessuto di cotone che da sempre ci piace, per realizzare nuovi vestiti adatti alla città e alla vacanza, nei colori dell’estate.

Si chiama Levante questa collezione nata pensando alla bellezza della Liguria, alle case arroccate sui golfi, al colore del mare, alla musica di De Andrè e di Gino Paoli, al Festival di Sanremo che parla non solo di canzoni, ma di moda di stile e di tendenze. Abbiamo esplorato questa regione bellissima, amato ogni profumo e ogni suggestione che ci ha regalato, mangiando la focaccia di Recco e affacciandoci su un mare ventoso. Io e Daniela ci siamo inerpicate perfino sulle montagne dietro Chiavari e a Lorsica, nell’entroterra affascinante di questa regione lunga e stretta, abbiamo trovato ciò che cercavamo: il damasco tessuto a mano su antichi telai. Una tradizione storica che risale a 500 anni fa quando la famiglia De Martini ha avviato questa attività coltivata dalle nostre repubbliche marinare. Il damasco, inizialmente prodotto in Cina e poi nella capitale siriana che gli ha dato il nome, era il tessuto più ricco e prezioso usato per i paramenti sacri ma anche per gli arredi e gli abiti importanti delle dame. Col passare dei secoli e con i dazi imposti da Genova il damasco realizzato artigianalmente scomparve e iniziò ad essere prodotto in modo industriale. Solo a Lorsica nella casa di Stefania De Martini rimangono i telai costruiti a mano durante la guerra: sono macchine ingegneristiche di incredibile precisione, con 15.000 fili da infilare a mano, e un rumore infernale quando vengono messe in funzione. E lì, dopo aver guardato incantate la bellezza del lavoro manuale, abbiamo scelto il disegno dell’ape napoleonica, simbolo di operosità lavoro e dolcezza, e abbiamo voluto realizzare un abito con quel tessuto unico e speciale, per rendere omaggio a questa meravigliosa tradizione tessile.

Chi ci segue lo sa che noi di Crida amiamo la moda italiana, fatta non soltanto di ricerca e innovazione ma anche del prezioso lavoro degli artigiani che rappresentano il valore più alto del Made in Italy, quello che non può essere dimenticato e che noi cerchiamo di raccontare con i nostri vestiti. Noi siamo pronte quindi ad iniziare una stagione ricca di stimoli e di opportunità. Facciamo il tifo per questa Italia operosa e lavoratrice che è rappresentata al vertice da due figure istituzionali di altissimo livello (e non finiremo mai di ringraziare il presidente Mattarella per aver accettato di guidarci per altri sette anni). È il momento di rialzare la testa, di dimostrare abnegazione, coraggio e fiducia. Di credere davvero che il peggio è passato e di entrare nella nuova stagione anche con un pizzico di ottimismo<./strong>

Editoriale Gennaio 2022 | Crida Milano

Non pensare a cosa l’anno nuovo – questo 2022 che si presenta così pieno di incertezze – può fare per te, ma pensa cosa tu puoi fare per renderlo migliore.

Partiamo da questa verità sacrosanta che John Fitzgerald Kennedy, riferendosi agli Stati Uniti, ci regalò nel discorso del suo insediamento, per affrontare nel modo giusto questo inizio vissuto a metà tra speranza e paura.

Credo che le parole perfette siano consapevolezza e ottimismo.

Consapevolezza: sappiamo tutti che la pandemia ha cambiato le nostre vite negli ultimi due anni e che non è ancora passata, ma abbiamo anche capito (salvo una minoranza di irresponsabili che rifiutano il vaccino) cosa dobbiamo fare per proteggere noi stessi e gli altri. Non è detto che questa ultima variante Omicron, che sta contagiando a tutto spiano soprattutto i giovani, ma senza conseguenze gravi come quelle che l’hanno preceduta, alla fine non ci permetta di raggiungere la fatidica immunità di gregge che potrebbe essere l’atto finale della lotta al Covid che da tempo aspettiamo.

E poi ottimismo, quella disposizione d’animo che ci aiuta a vedere il bicchiere mezzo pieno invece che mezzo vuoto e che, soprattutto, ci permette di affrontare il futuro senza preconcetti negativi. In questo momento non abbiamo bisogno di Cassandre che preannuncino le peggiori sciagure. Abbiamo bisogno di credere in noi stessi, di impegnarci a fare al meglio ciò che siamo abituati a fare, sia nel lavoro che in famiglia, e abbiamo bisogno di non avere paura.

A dire il vero, non volevo scrivere del maledetto Covid anche il primo giorno dell’anno ma, essendo appena rientrata da qualche giorno in Spagna, mi sono resa conto che in Italia non possiamo fare a meno di discuterne. Perché tutti i media, giornali, televisioni, il mondo della politica, i programmi di intrattenimento non fanno altro. In altri Paesi come la Spagna invece, dove la situazione contagi è più o meno identica alla nostra, la gente che pure indossa coscienziosamente la mascherina sul viso, non viene costantemente bombardata da una miriade di informazioni ansiogene. Hanno le notizie, sono informati ma… l’impressione è che riescano anche a vivere pur con tutte le restrizioni necessarie e sacrosante.

Questo è l’augurio che mi sento di fare oggi: proviamo a vivere, a gioire di quello che abbiamo, a imparare inevitabilmente uno stile di vita diverso ma senza considerarlo una condanna, semmai un’”opportunità”. Proviamo a non avere paura degli altri perché l’unica possibilità che abbiamo di sconfiggere il virus è di riuscirci insieme.

Con consapevolezza e ottimismo.

Come diceva il grande Lucio Dalla “l’anno che sta arrivando tra un anno passerà. Io mi sto preparando, è questa la novità”.

E voi?

Editoriale Dicembre 2021 | Crida Milano

Questo, ormai di prassi, è l’editoriale degli auguri. Siamo arrivati a dicembre lottando, ognuno a modo proprio, per ritrovare quella normalità e quella serenità che la fine dell’anno solitamente porta con sé insieme al suo carico di luci, brindisi, acquisti e feste. Ci illudiamo che sia di nuovo così ma sappiamo anche che sono cambiate troppe cose in questi ultimi venti mesi e che non sarà più lo stesso Natale. Sarà un Natale più triste per chi in questo anno difficile, e tuttora sul filo sottile dell’emergenza, ha perso persone care, ha sofferto per il Covid ammalandosi o perdendo il lavoro. E a tutti coloro che hanno vissuto o ancora stanno lottando contro un virus micidiale e mutevole siamo vicine con tutto il nostro cuore. Ma sarà anche un Natale di rivincita per chi ha saputo tenere duro o si è reinventato, non senza difficoltà, creando nuove opportunità di vita e di professione.

L’Italia, che ha dimostrato di saper gestire questa pandemia meglio di tanti altri Paesi, si trova adesso di fronte ad una situazione difficile ma anche entusiasmante grazie alla ripresa economica e alla possibilità preziosa di ricevere dall’Europa quei fondi che potrebbero dare una spinta eccezionale a tutti i settori della nostra economia. Serve però remare tutti insieme nella stessa direzione, essere consapevoli che questa è un’opportunità unica e, soprattutto, è indispensabile capire che non possiamo permetterci un altro lockdown. Il vaccino è la nostra arma più efficace e il super green pass che limita per i non vaccinati l’accesso in luogo pubblici, è uno strumento che non priva della libertà ma che la garantisce alla comunità intera. Noi crediamo che vaccinarsi sia un dovere e una responsabilità sociale: esiste anche la scelta di non vaccinarsi ma non esiste il diritto di mettere in pericolo la vita degli altri. Quindi cerchiamo di prepararci a vivere un Natale in serenità e sicurezza prendendo tutte le necessarie precauzioni.

Noi di Crida, come tante altre realtà del mondo della moda, abbiamo vissuto un anno pieno di lavoro e decisamente in salita. Non è stato facile ma ci abbiamo creduto: nella ripresa dell’Italia e soprattutto nella forza del Made in Italy che rappresenta il cuore del nostro progetto. Abbiamo continuato a collaborare con le manifatture del nostro territorio tenendo alto il livello della confezione dei nostri capi, abbiamo fatto ricerche nel mondo del tessile per trovare le sete e le lane italiane più belle e adatte alla nostra idea di moda, raffinata e senza tempo, e ora siamo orgogliose di annunciarvi che nella prossima stagione saremo presenti in tantissimi negozi in Italia, in tutti i multi brand più importanti e con le firme più esclusive. Per me e Daniela è stata un’emozione grandissima vedere che i grandi buyers italiani ci hanno scelto e hanno creduto in noi e noi ricambieremo questa fiducia con uno sforzo ancora maggiore di creatività e di stile. Dalla prima capsule di dieci abiti con cui ci siamo presentati al mercato in quel difficile febbraio del 2020, Crida si è evoluta e si è ampliata per cercare di vestire con i suoi abiti tutte le donne e per soddisfare le diverse esigenze, mantenendo però fede alla promessa iniziale: solo tessuti naturali senza fibre sintetiche e solo prodotti confezionati a km zero vicino a Bergamo.

La soddisfazione più grande di questo anno che sta per finire è accorgerci che il nostro messaggio di qualità e sostenibilità è passato visto che in tantissimi ci seguite, ci apprezzate e ci comprate. Un grazie di cuore a tutti voi che ci avete permesso di crescere e di affermarci in un momento così complicato. Vi promettiamo di rimanere fedeli a noi stesse e al nostro stile convinte che la moda, pur espandendosi e diventando sempre più globale, debba rimanere sempre Italiana e sempre più green e amica dell’ambiente.

Questo è l’augurio che metteremo sotto l’albero e che rivolgiamo a tutti voi per un periodo di festività che sia luminoso e consapevole.

Buon Natale e buon anno da noi!

Cristina e Daniela

Editoriale Novembre 2021 | Crida Milano

Non si è mai parlato così tanto di moda sostenibile come in questo periodo. Tanto che, ve lo confesso, il termine sostenibilità mi è quasi venuto a noia. Ma per evitare che, come il bla bla bla denunciato da Greta riguardo all’impegno per il clima, l’essere sostenibili rimanga una parola attraente ma vuota, vale la pena cercare spiegarla meglio.

La moda sostenibile è quella moda che rispetta l’ambiente e la società in tutte le sue fasi: quindi dalla concezione, alla produzione passando per la distribuzione fino alla vendita. Concetto facile da dire ma un po’ meno da mettere in pratica. E sapete perché?

Perché il settore della moda è una sorta di entità tentacolare che comprende il tessile, il manifatturiero, la pelletteria ma anche tutta la filiera della produzione e del trasporto, fino ad arrivare ai retail, cioè i negozi. Produce, secondo le ultime stime, 2,4 mila miliardi di dollari, impiega circa 50 milioni di persone, ed è considerata la seconda industria più inquinante al mondo, dopo quella petrolifera. Come si è arrivati a questo punto? È accaduto quando è nato il consumismo di massa e la sartorialità artigianale hanno lasciato il posto ad una corsa sfrenata a creare, produrre e comprare sempre con maggiore frequenza. L’ascesa delle grandi maison di moda negli anni ’80 e poi l’esplosione dei colossi del fast fashion hanno dato vita ad un sistema nel quale le collezioni si susseguono rapidamente ed altrettanto rapidamente si consumano per restare aggiornati con le nuove tendenze. Non solo. Per mantenere questi elevati ritmi produttivi sono state dislocate le produzioni nei paesi del cosiddetto terzo mondo, impiegando milioni di persone senza le adeguate garanzie. La conseguenza inevitabile è che la mole di produzione destinata ad un utilizzo quasi “usa e getta” ha avuto un costo enorme in termini di inquinamento e spreco di risorse, in particolare modo l’acqua.

Quindi capirete che rendere sostenibile la moda a livello globale significa apportare una enorme, sostanziale differenza nel sistema economico e sociale che coinvolge direttamente un grandissimo numero di persone, e indirettamente tutti noi. Ma è un traguardo fondamentale da raggiungere.

Partiamo da ciò che dovrebbero fare le aziende: sicuramente lavorare con materie prime meno inquinanti, ridurre gli sprechi nella produzione come i costi di acqua ed elettricità, usare la produzione in loco sul territorio per non fare viaggiare le merci e creare prodotti durevoli, stimolando il consumo consapevole. Ovviamente questo modello economico prevede anche una produzione più limitata che va a vantaggio della qualità, e la tutela della componente umana dell’industria della moda. Le grandi maison ovviamente hanno capito che questa è una strada obbligata per non perdere credibilità da parte di una clientela sempre più attenta, e lanciano capsule collection con materiali riciclati e investono in nuovi materiali eco-friendly. Dopo Stella Mc Cartney, che è stata una pioniera, Gucci in ambito abbigliamento e accessori e Chopard nella gioielleria hanno ricevuto il riconoscimento Eco-Age Brandmark per il loro impegno verso la sostenibilità. Hermes entro la fine dell’anno ha annunciato che realizzerà una nuova versione della sua iconica Victoria bag in cuoio vegano ricavato dai funghi. Ma anche il recupero e il riutilizzo dei materiali, più sfruttato da giovani designer e nuovi brand, rivela un versante attento all’impatto ambientale della moda.

Io e Daniela abbiamo fatto parte della giuria di un bellissimo premio dedicato al green design e tutti i giovani studenti che hanno partecipato hanno proposto abiti e accessori ricavati da materiali naturali che vanno dalle bucce d’arance, al sughero alla ginestra fino ai mozziconi riciclati delle sigarette. Ma al di là della speranza per il futuro che arriva certamente dalle nuove generazioni, io credo che tutti siamo coinvolti in questa necessaria rivoluzione. Perché ognuno di noi è, anche suo malgrado, attore e vittima di questa industria. Lo insegnava la iconica Miranda Priestly ne “Il diavolo veste Prada” alla sua ingenua assistente, spiegandole il percorso compiuto nella moda per arrivare a farle comprare il maglioncino azzurro infeltrito che indossava… ricordate? Cambiare il fashion system significa poter essere parte di un cambiamento globale semplicemente comprando un pullover.

E allora ricordatevi di pensare quando comprate, di controllare le etichette, le composizioni dei tessuti e rendetevi conto che il vostro gesto, compiuto con consapevolezza e ripetuto da milioni di persone, potrebbe fare la differenza per la salvaguardia dell’ambiente. La moda, non dimentichiamolo, non è solo frivolezza e apparenza, ma economia, etica e società.

P.S. Crida, lo diciamo con orgoglio, è un’azienda totalmente sostenibile. Se ci seguite e ci conoscete sapete che usiamo solo tessuti naturali, senza fibre sintetiche. Li compriamo in Italia e produciamo nelle manifatture del territorio tra Bergamo e Milano. Sappiamo bene che chi fa impresa oggi non può prescindere dall’attenzione per l’ambiente. Ecco perché l’obiettivo del nostro progetto è stato, fin dall’inizio, puntare sulla qualità e sul Made in Italy e creare abiti con l’idea che debbano restare a lungo nell’armadio, abiti da amare e conservare con cura. Anche questo vuol dire sostenibilità.

Editoriale Ottobre 2021 | Crida Milano

“La moda è una cosa stupida, superficiale e femminile”.

Parola di Andrea Batilla, designer e grande esperto di moda e comunicazione che, a dispetto di questa affermazione così tranchant sulla sua pagina Instagram, in realtà, ne sono certa, ama e conosce la moda a tal punto da essere uno dei pochi davvero sinceri e interessanti nel commentare le collezioni presentate in questa ultima Fashion Week. Non fa sconti a nessuno, è tagliente e preciso nei suoi giudizi, competente e mai banale.

Leggendo online le sue recensioni spietate e perfette viene da domandarsi: ma allora come deve essere la moda oggi?

Le sfilate di Milano prima e poi quelle di Parigi sono state lo specchio delle tendenze future, sono le vetrine di quello che gli stilisti propongono come interpretazione della società, del costume dei desideri e delle esigenze dei consumatori.

Ci sono stati anni in cui sulle passerelle abbiamo visto abiti francamente improbabili, per forme, materiali e frivolezza eccessiva, ma che rappresentavano lo spirito dei tempi o il sogno delle donne in quel momento, e altre stagioni in cui invece attraverso la moda sono stati lanciati messaggi sociali importanti: le modelle di Prada struccate e informi, nascoste nei parka oversize e con gli anfibi da guerriere metropolitane o, più recentemente, le scritte femministe sulle t-shirt di Dior.

La cifra di questa stagione di sfilate e presentazioni a me è sembrata più la concretezza che la stravaganza.

Siamo usciti da un momento difficile, soprattutto per l’industria del fashion, c’è bisogno di certezze e solidità e questo è ciò che in generale è stato proposto. Ogni brand ha fatto al meglio quello che già sapeva fare.

Batilla, ormai mio faro nella giungla fashion, lamenta però la mancanza di ricerca e nuove idee in alcune aziende storiche molto amate dalle donne normali tipo Max Mara e… udite udite Dior, facendo una riflessione come sempre intelligente.

Maria Grazia Chiuri non si è sforzata di fare una collezione innovativa e impattante per i media, ma la forza del suo brand non è tanto l’originalità a tutti i costi quanto lo stile e soprattutto la capacità di vestire donne di taglie, forme ed età diverse, facendole sentire bene.

Esattamente come Max Mara che ormai da tempo predilige la vestibilità piuttosto che la tendenza estrema.

La moda deve rivolgersi al pubblico di influencer/millennials/fashion victims giovani e belli capaci di indossare anche le follie più audaci (o penalizzanti, a seconda del momento storico) o deve coltivare il variegato mondo delle donne vere, che hanno taglie che superano di parecchio la 42, hanno potere d’acquisto e vogliono essere eleganti?

La forza di un prodotto sta nel numero di copertine patinate su cui è apparso o nel numero di donne che lo hanno indossato davvero, sentendosi bene? Batilla illuminaci tu che strigli Maria Grazia Chiuri ma alla fine ascolti le motivazioni della tua amica che ti dice che gli abiti Dior non tradiscono mai, hanno taglie perfette e confortevoli sui fianchi e giro manica, insomma sono fatti per essere portati da ogni donna (che abbia ovviamente le possibilità economiche per affrontare i loro prezzi decisamente elevati).

Noi di Crida non siamo certo a questo livello, ma crediamo che la moda possa essere ricerca e innovazione di stile, ma anche e soprattutto che debba fare star bene chi la indossa.

La sfida più entusiasmante è riuscire a vestire in maniera elegante e moderna anche la signora che ti dice: i vostri vestiti sono così belli ma a me non andranno mai bene.

E vederla poi sorridere allo specchio guardando come la seta scivoli sui punti critici senza tirare, e come un abito da sera sia perfetto anche su un fisico non da modella.

Probabilmente Andrea Batilla non farà mai una recensione a Crida (meno male!) perché, giustamente, si occupa delle grandi firme della moda e noi non facciamo parte di questo Olimpo (non ancora…), ma mi ha rassicurato la sua analisi su Dior e sulla capacità di fare i vestiti che stiano bene alle donne.

Anche se siamo un’azienda giovane, nata meno di due anni fa, abbiamo avuto fin dall’inizio ben presente questo obiettivo: trasformare la moda “stupida superficiale e femminile” in un mondo meraviglioso grazie al quale ognuna di noi può sentirsi bellissima.

Editoriale Settembre 2021 | Crida Milano

Quando siamo rientrate al lavoro io e la mia socia – la Dani che ormai tutti conoscete – siamo andate in trasferta in un luogo stupendo: l’hotel il Pellicano a Porto Ercole. Forse alcuni di voi sanno di cosa parlo, è certamente uno dei resort più affascinanti che abbiamo in Italia. Io c’ero già stata una volta tanti anni fa e mi era piaciuto moltissimo, perché pur essendo decisamente lussuoso, mi ricordava una vecchia dimora di famiglia (è stato fondato nel 1965), quasi nascosto come è tra le alture, immerso nel verde, senza alcuna pretesa di apparire, ma solo di essere incredibilmente accogliente e confortevole. Ebbene a distanza di tanti anni l’ho trovato esattamente uguale, anche se sicuramente sono state apportate delle modifiche, dei miglioramenti tecnologici e sostenibili, ma la sua struttura dimostrava fieramente la sua età e tutto il suo charme italiano. E questo secondo me è il suo valore aggiunto.

Perché vi dico questo? Perché credo fermamente che l’Italia abbia un patrimonio di bellezza, paesaggistica, artistica, gastronomica, per non parlare di moda e di design, unico al mondo e che in tanti casi questa bellezza vada preservata invece che sottomessa alle mode e alle tendenze del momento. Parlando con l’affascinante direttrice, che poi è la figlia del fondatore, Marie Louise Sciò, abbiamo scoperto il suo impegno e la sua bravura proprio nel mantenere intatta, anche se rinnovata, l’eleganza di un luogo che orgogliosamente dimostra i suoi anni. E che, non a caso, è amatissimo dagli stranieri che ritrovano al Pellicano, l’essenza di quella italianità che difficilmente è replicabile altrove, perché difficilmente si può spiegare: è il nostro patrimonio più prezioso.

Mi piace pensare che anche nella moda, come ho avuto tante volte modo di raccontare, ci sia un mondo di brand che fanno tendenza e che ad ogni stagione propongono prodotti che finiranno sui giornali e in vetrina come i must have del momento, spesso spingendo sull’acceleratore delle novità più ardite e magari difficilmente portabili, e ci sono altre griffe, come Crida, che credono che la moda non vada consumata così rapidamente, ma conservata, indossata negli anni  e apprezzata per la sua qualità e per quello stile che non tramonta mai. Ecco perché io e Daniela siamo tornati da quell’incontro confortate da questa idea: la bellezza del Made in Italy non deve essere ostentata, ma scoperta e amata e usata per molto tempo.

Questo è per noi il mood della nuova collezione autunno-inverno di Crida che siamo felici di presentarvi e che troverete nei negozi e sul nostro e-commerce. Oltre agli abiti di seta che sono assolutamente timeless, da usare in tutte le stagioni, ci sono altri pezzi più caldi, ma ugualmente confortevoli e contemporanei. Se andate a curiosare nel nostro sito scoprirete alcuni modelli come l’Aviano e il Torino (sì, hanno sempre i nomi delle nostre amate città italiane!) realizzati con tessuti di lana, sempre naturali al 100%, leggeri eppure caldi, da usare come sempre dal mattino alla sera.

Ci piace l’idea di vestire le donne in ogni momento della loro giornata: l’Aviano, come si evince dal nome del luogo che ospita la base militare americana in Italia, ha uno stile militare ed è la perfetta divisa da soldatino (siamo tutte un po’ così vero?) per chi è abituata a non fermarsi mai dal mattino alla sera ma vuole essere sempre a posto ed elegante, il Torino invece è un robe manteau più rigoroso, ma ugualmente femminile e molto facile. Non manca il Firenze, il nostro abito portafortuna in seta, realizzato in una delicata stampa sassolino, grafica e speciale nell’accostamento dei colori. La gonna Ischia, uno dei nostri bestseller dell’estate in canvas, in questa collezione è in doppia crêpe, con l’aggiunta di una fibbia che dà carattere, e accompagnata da una giacca, Trieste, dalle proporzioni perfette per essere portata come completo sulla gonna ma anche con i jeans. I colori sono quelli classici dell’autunno: cammello, panna, verde militare, bordeaux e blu ovviamente, ma anche con qualche sorpresa come il giallo senape e pavone, perché mai come quest’anno vogliamo tutte vivere anche l’inverno a colori.

Per le serate importanti abbiamo creato il Levanto, un long dress in seta con le maniche lunghe ampie e totalmente aperte per mostrare con sensualità una parte delle braccia e per brillare ancora di più c’è il Ravenna in prezioso tessuto fil coupé, che ricorda lo splendore dei mosaici di Galla Placidia. Non mancano poi gli abiti tricot in cachemire, in cui ci siamo sbizzarrite a colorare l’inverno anche di rosa acceso, verde brillante e azzurro.

Con la speranza che sia una stagione più luminosa per tutti, più consapevole di ciò che abbiamo passato e per questo piena di coraggio e voglia di ripartire. Ricordandoci che la bellezza Italiana non muore mai.

Editoriale Luglio 2021 | Crida Milano

Non so voi ma io mai come quest’anno ho desiderato le vacanze. Anche solo per prendere un qualsiasi mezzo di trasporto e riscoprire l’ebbrezza dello spostamento, l’emozione del viaggio pur se breve. L’immobilità è forse ciò che mi è pesato di più in questi ultimi 12 mesi che non potremo dimenticare. Ma adesso è giusto e sano pensare di nuovo a noi stessi, regalarci un piccolo break, riscoprire, anche se con prudenza, la bellezza di condividere con altri le nostre emozioni.

Che pensieri ci portiamo in vacanza? Un po’ di ansia rimane anche se la campagna vaccinale ha funzionato e questo ci rende sicuramente più protetti dell’anno scorso quando a fine agosto ci ritrovammo con un‘impennata di contagi dovuta proprio agli eccessi di assembramenti nei luoghi di mare. Ma ci deve anche essere un sano entusiasmo per l’avventura, la conoscenza e la voglia di tornare a vivere. Ce lo siamo tutti meritati, e allora proviamo a immaginare una piccola guida semiseria per questa estate così agognata.

  1. Rivalutiamo la nostra splendida Italia. Non serve andare lontano, basta avere voglia di scoprire cose belle fuori e dentro di noi, magari anche vicinissime. E il nostro Paese ha molto bisogno di turismo e di far ripartire l’economia
  2. Ricerchiamo compagni di viaggi che siano compatibili con le nostre esigenze, scegliamone meno ma meglio. C’è bisogno di serenità e armonia. E comunque di non essere in troppi…
  3. Tutti abbiamo voglia di ballare, ma prima di tornare (soprattutto per i più giovani) nel vortice delle nottate che non finiscono mai, ricordiamoci quanto sia bello anche danzare al chiaro di luna in pochi sulla spiaggia o in campagna alla luce del tramonto. Evitiamo gli eccessi e proviamo ad apprezzare poco per volta il piacere di ritrovare le abitudini che ci fanno star bene.
  4. Siamo stati tutti molto fermi, seduti al computer, abbiamo mangiato e bevuto troppo (visto che era l’unica cosa che si poteva fare) e magari arriviamo alla prova costume non proprio in formissima. Scegliamo una vacanza all’insegna del benessere invece che degli stravizi. Il nostro fisico ci ringrazierà e torneremo a casa mai così belli.
  5. Non carichiamoci di valige che esplodono di vestiti e accessori di ogni tipo. Portiamo l’essenziale (esercizio importantissimo per la nostra mente), poche cose, abbinabili facilmente tra loro e concediamoci piuttosto il piacere di comprare qualcosa nei luoghi di vacanza in cui andiamo. Ci sentiremo più adatti all’atmosfera del posto e aiuteremo l’economia locale con qualche acquisto che ci ricorderà sempre quel preciso momento del viaggio e quindi rimarrà speciale.
  6. È il momento di fare nuove conoscenze. Siamo stati troppo tempo chiusi nella cerchia della famiglia e del lavoro senza poter ampliare il nostro mondo di relazioni. Per chi se la sente questa è l’occasione giusta per andare coraggiosamente in vacanza da soli, non per fare vita da eremiti, ma per essere curiosi, interessati e gentili con gli altri, per ascoltare chi è diverso da noi e scoprire da altre persone cose che ancora non sappiamo. E, perché no, per abbandonarci a nuovi amori…
  7. Andiamo in vacanza per imparare qualcosa: che sia il trekking sulle montagne, lo yoga sulla tavola, surf o un corso di cucina. Sfruttiamo questo momento per tornare a casa arricchiti da una esperienza nuova.
  8. Per me la vacanza è anche leggere dei bei libri. I giorni prima della partenza mi scateno a cercare tutti i romanzi che mi hanno incuriosito. Il mio consiglio è di non comprarli su Amazon: cerchiamo di liberarci dalla schiavitù/comodità dell’acquisto on line. Andate nelle librerie delle vostre città, fatevi consigliare dai librai. Se tutti continueranno ad ordinare on line ai colossi della rete, quei meravigliosi luoghi che sono le librerie scompariranno e non ci sarà più il piacere (per me imprescindibile) di entrare in un luogo strapieno di libri e perdermi nello sfogliare i volumi, leggere le trame e decidere quale storia mi terrà compagnia durante un viaggio.
  9. Ascoltiamo buona musica. Non solo le hit del momento e i tormentoni che ci accompagneranno ovunque (l’allegria di Jovanotti-Morandi è già dentro la nostra testa) ma scopriamo musica diversa, che ci porti in altri mondi, che ci accompagni nei ricordi o nelle emozioni che ci toccano il cuore.
  10. Cerchiamo di rendere questa vacanza indimenticabile per noi stessi. Il viaggio deve iniziare dentro di noi, non quando saliamo su un aereo, un treno o una nave, e deve essere fatto per scoprire qualcosa che ci faccia stare bene e possibilmente ci renda migliori di quando siamo partiti.
  11. Buona estate a tutti.

Editoriale Giugno 2021 | Crida Milano

Cosa vuol dire vestirsi per bene? Le tendenze della moda negli ultimi cento anni sono state così diverse, estreme e spiazzanti che sembra essere difficile trovare un minimo comune denominatore che le possa accomunare nel concetto di eleganza. La moda da sempre subisce l’influenza dei momenti storici, del pensiero, della musica o delle lotte politiche per lanciare tendenze che diventano uniformi soprattutto per i giovani, per chi quei pensieri li cavalca e li comprende.

Qualche esempio? I jeans di rottura indossati da Elvis e da James Dean negli Anni ‘50 che dall’America arrivano a rivoluzionare il perbenismo europeo del dopoguerra. In Europa sono gli anni della ricostruzione e del miracolo economico e se Parigi detta legge con le creazioni di Emilio Schuberth e Christian Dior, il mondo della moda comincia ad essere investito dal consumo di massa tanto che a Firenze nasce l’industria della moda italiana con la prima sfilata a palazzo Pitti nel 1952 con modelli che non fossero fatti su misura. Se prima vestirsi bene voleva dire imprigionarsi in rigidi corpetti e sottogonne ora gli abiti diventano più facili e portabili, fino all’arrivo della nuova rivoluzione di Coco Chanel che sdogana i pantaloni e i look alla garçonne, toglie i colli dalle giacche e li riempie di collane.

Ma dovevano arrivare gli Anni ‘60 e la musica dei Beatles e i Rolling Stones per ridurre drasticamente gli orli delle gonne grazie al colpo di genio di Mary Quant e alle atmosfere irripetibili della swinging London, dove nascono le vere ribellioni giovanili. Le seguaci di Twiggy, la prima magrissima top model universalmente nota, indossavano microgonne, stivaloni, i capelli a caschetto e le ciglia finte: eccentricità, rottura col passato, voglia di vivere, rock and roll.

Negli Anni ’70 invece le ragazze sono più toste, non vogliono essere notate per la bellezza e il sex appeal ma rivendicano a dispetto dell’apparenza la loro l’intelligenza e l’impegno politico. Sono gli anni delle rivolte studentesche, del femminismo, del rifiuto della guerra e del peace and love: gonne lunghe e abiti hippy, jeans a zampa di elefante e vita bassa per mostrare quel ventre di cui vogliono disporre secondo la loro volontà. Sono gli anni della rivoluzione sessuale e del tutto è possibile. Anche in questo periodo storico l’abbigliamento, che oggi non definiremmo perbene, serviva a fare stare bene un’intera generazione di ragazze che avevano ideali di parità, emancipazione e indipendenza.

Doveva arrivare quel genio di Armani negli Anni ‘80 per creare finalmente per le donne in carriera un look che non le facesse sentire sul luogo di lavoro meno autorevoli degli uomini ma ugualmente femminili: i tailleur pantaloni con giacche destrutturate ma con le spalle forti hanno ridefinito lo stile in un momento storico ben preciso, quello in cui le donne hanno iniziato a pesare nella vita sociale e pubblica. Da lì in poi la moda ha seguito il cambiamento dei tempi consacrando i grandi brand italiani come linee guida dello stile: la donna ormai aveva mille volti e poteva scegliere in base alla propria personalità, se essere mediterranea e sexy in Dolce e Gabbana, raffinata e chicchissima indossando Valentino, selvaggia e animalier con gli abiti di Roberto Cavalli, romantica alla Blumarine o intellettuale come veniva disegnata da Miuccia Prada.

Le lotte femminili nel XXI secolo non sono più solo quelle delle donne: le nuove generazioni oggi scendono in piazza per riconoscere la parità di genere e per sensibilizzare i grandi della Terra nei confronti di un problema che è globale e riguarda tutti, l’attenzione per il pianeta. E la moda, ancora una volta accompagna questo impegno sociale con altri cambiamenti. Le collezioni delle ultime stagioni sono sempre più unisex assecondando il diritto di ognuno ad essere esattamente come si sente, senza più diktat ed etichette: maschile e femminile si mescolano in una moda fluida, senza confini, libera come non è mai stata prima.

Vestirsi per bene oggi vuol dire più che mai sentirsi bene dentro un’immagine che è il nostro biglietto da visita nei confronti del mondo esterno, l’abito è la prima cosa che si vede di noi e ognuno ha il sacrosanto diritto di interpretarlo come vuole. Ma vestirsi per bene vuol dire anche indossare consapevolmente capi che siano durevoli, frutto di una filiera tessile che rispetti i parametri di sostenibilità, una moda che non inquini l’ambiente, che rispetti gli animali e le piante.

Oggi vestirsi per bene è una responsabilità comune che abbiamo nei confronti di noi stessi e del nostro pianeta, non solo un fatto di eleganza estetica.

Crida lo sa e lo fa, non solo a parole. È più difficile e più costoso seguire questo impegno ma è indispensabile che sia condiviso dalle imprese e dai consumatori, soprattutto i più giovani. Mi vesto per bene perché so che il mio abito è una bandiera, che racconta non solo la mia immagine ma anche i valori in cui credo.